L'avevo promesso e l'ho fatto: tiro il fiato, respiro piano, scrivo meno. Leggo. E osservo, mi guardo attorno, metto in moto i due neuroni del cervello mentre sono in auto, fermo al semaforo, e quando mi sveglio la notte, verso le cinque. Capita più raramente di un mese fa, ma non di rado. Non prendo rabbia, mi godo anche quel tempo, senza svegliare nessuno, al massimo mettendo la testa sotto il cuscino e fantasticando, tirando rette e tracciando curve che dovrebbero cambiare il destino del mondo e che si accartocciano nello spazio tra testata del letto e lenzuolo. Nel lavoro mi alleno a non accentrare ("Il delega" mi ha chiamato oggi Ferrari), a casa sono più sereno e per il resto sono attento a tenere i contatti con gli amici, sia quelli che vedo in carne ed ossa, sia quelli con cui il rapporto è un messaggio nella bottiglia, affidato alla corrente e al vento (amici "virtuali" non mi piace, poiché non esiste persona che incroci la mia strada e con cui non abbia un legame concreto). Adoro l'autunno, i colori che lo accompagnano e persino la pioggia di questi giorni smunti, in cui anche a mezzogiorno sembra tramonto. Tra due giorni compio gli anni e non mi fa né caldo né freddo. Sono nel "buono di un uomo" - come si dice da queste parti, solitamente in dialetto - ed è già un gran regalo.
Foto by Leonora
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