domenica 13 novembre 2011

Berlusconi esce di scena senza botto

L'ho scritto su Facebook: sono un romantico, il discorso finale di Berlusconi a me è piaciuto.
Qui metto il carico da paesano (per chi non conoscesse la terminologia lombarda nel gioco della briscola, il "carico da paesano" si concretizza allorché in una mano si raccimolano quattro figure - fanti, regine o re - il cui monte punti supera quota dieci, che equivale a un tre o a un asso): credo che l'uscita di scena del "povero Silvio" lo riscatti di molti degli scivoloni che in diciotto anni ha avuto.
Molti, non tutti, perché per quello ne occorrerebbero un migliaio di discorsi così e, più delle parole, con cui è sempre bravo, soprattutto servirebbero i fatti.
Il discorso di Berlusconi mi è piaciuto proprio perché questa volta - non succedeva da anni - seguiva un atto concreto, coraggioso, spontaneo, come le dimissioni.
"Bella forza, non aveva più la maggioranza" s'è detto. Non sono d'accordo. Silvio, il "povero Silvio" non ha avuto mai bisogno di una maggioranza: se gli occorreva, se la comprava, al dettaglio. L'ha fatto decine di volte, negli ultimi mesi. C'è qualcuno così ottuso o fazioso da immaginare che non potesse staccare un assegno di nuovo?
No, se n'è andato lui. Forse perché il pericolo per il paese (Paese, maiuscolo) è reale, forse perché s'è stancato di tutta quella fatica per niente, forse perché da abile attore qual è, ha capito che questa era l'occasione adatta per uscire di scena, carpendo un applauso.
L'hanno fischiato, è vero. Ma volete mettere qualche centinaio di buon temponi a fronte delle masnade che due settimane fa erano pronte al sacco di Roma pur di vederlo finito.
Ancora una volta è stato più furbo lui, ha gestito l'addio con un colpo di genio, oltre che di maestro: ha anestetizzato lo scontento. Essersi dimesso "domani" ha depotenziato il testosterone pubblico, come far bere a Rocco Siffredi un barile di bromuro, come obbligarti a mangiare tre chili di pane e poi darti in pasto il prosciutto: quanto ne vuoi, un chilo? Fossi matto, dammene una fettina che sono già pieno e a momenti m'addormo.
Gli avversari, i nemici, lo hanno visto uscire di scena così, meno "grogy" lui di loro, spompati dalla più lunga campagna antielettorale della storia dell'uomo. Dopo diciott'anni, chi attendeva il congedo col botto, s'è dovuto giocoforza accontentare di un "plof", col tappo di sughero che rotola nel lavandino.
Ora che il viale dei Tremonti è iniziato, avanti uno solo: Monti, appunto.
Dicono tutti che ci aspetta l'armageddon, che il diluvio è dietro l'angolo, che gemiti e stridore di denti siano il prossimo scenario all'ordine del giorno.
Sarà, ma mi sento fiducioso. Dopotutto - come recita la più scontata delle iconografie - noi italiani diamo il meglio quando tutto è (o almeno pare) perduto.
Di certo centinaia di deputati e di senatori hanno l'occasione di imitare Silviuccio nostro: invertire la clessidra, passare da rozzi gozzovigliatori e mangiapane a tradimento ad austeri e coscienziosi salvatori della Patria, morigerati quanto dev'essere Margherita Hack, quando passa dalla sala trucco.
Chi ha orecchie per intendere intenda, chi invece vuole continuare il banchetto pantagruelico, senza nemmeno l'accortezza di una breve pausa per il rutto, ricordiamo che non tutti sono Berlusconi: se non si spicciano se ne andranno anche loro, ma a pedate nello zoom zoom zoom fa il tacchino.

Foto by Leonora

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma Giorgio, se ne è andato solo ed esclusivamente perché gli conveniva, così come ha sempre fatto, disposto a distruggere tutto pur di sfangarla in eterno. solo perché rischiava la sua "roba" di malavogliana memoria se ne va. senza la Mediaset a picco in borsa col cavolo...
@guzabinys