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Finirà così, perché tutto è "hevel", spreco, come traduce Erri De Luca dal libro del Qoelet, ma non siamo più capaci di scartare, di discernere, di buttare l'eccesso tenendo l'essenziale.
Conserviamo tutto, illudendoci poi di riassumerlo, di comprenderlo, senza accorgerci che così il rumore indistinto, il flusso roboante dell'abbondanza satura tutto.
E' il paradosso irrisolto di questi tempi, della rete, di Internet, strumento magnifico e nel contempo oppio: sopraffatti dall'illusione di poter sapere tutto, fatichiamo a conoscere ciò che conta davvero.
Se fossi propenso alla dietrologia, al complottismo, direi che prima ci tenevano a bada facendo in modo che le informazioni fossero per pochi, ora hanno capovolto la clessidra, e le nascondono sommergendoci, proprio come accade all'ago in un pagliaio.
Il risultato è identico, ma non credo sia un disegno voluto da qualcuno, semmai una conseguenza, un eccesso di risultato che quando cercavamo di dare risposte alle domande non avevamo immaginato.
Non ci resta allora che esserne consapevoli, tenerne conto, e dare risposte originali, scovare un antidoto. Abbassare il volume, ad esempio. O almeno adottare un doppio canale, quello superficiale, dell'intrattenimento, che ora come ora ci ruba gran parte del tempo, e quello più profondo, del silenzio, della meditazione, della rivincita del poco sul tanto.
Se penso al futuro - e ci penso spesso, soprattutto per lavoro - credo occorra questo: mettere argini, ricomporre i frammenti, fare e dare ordine, ricondurre all'essenziale, scartare il superfluo. Perciò credo non scompariranno i libri di carta e neppure i giornali: il loro limite può rivelarsi un vantaggio.
L'esser fatti materia, avere un peso fisico, una massa, un costo alto, costringe a soppesarli con cautela, sconsigliandone l'abuso. Così come la loro monodimensionalità equivale a un binario, a un percorso certo meno ricco, ma sicuro, chiaro.
Nel mondo multitasking dove ogni elemento è linkato e tutto scorre, perpetuo, il libro di carta è un lago, dove andare in barca, senza fretta, contemplando il panorama e l'orizzonte infinito, creando un mondo nel mondo, profondo, tutto nostro, a misura di chi siamo. Ragione per cui vale senza dubbio la pena leggerlo e forse anche scriverlo.
P.S. Per scriverlo non so, ma se avete nostalgia di un piccolo mondo antico e volete capire a chi Camilleri si è ispirato con il suo Montalbano potete leggere e perdervi in "Tutti i racconti del Maresciallo" (edizioni Oscar Mondadori), scritti nel 1967 da Mario Soldati. La letteratura che si fa leggere, con gusto.
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