domenica 14 ottobre 2007

Io e loro


Non ho mai scritto un libro. Non ne sento il bisogno.
Non ho mai scritto un libro, ma ne ho letti molti e, insistendo nella lettura, credo di aver acquisito un certo gusto, grazie al quale mi accorgo quando una frase è dilettantesca, fuori posto.
Da qualche settimana ho rallentato il ritmo, leggo meno, molto meno. Mi sono concentrato, negli utlimi mesi, su argomenti professionali: la comunicazione, la televisione, la net tv, i blog, il web, l’informazione. So che il mio futuro professionale passa per competenze che tuttora non mi appartengono e cerco di colmare il divario, però ho nostalgia delle ore trascorse immerso tra le pagine di un romanzo.
So che nel blog è usuale stilare delle classifiche e mi piacerebbe anche crearne una dei libri che preferisco. Non lo faccio, poiché mi sembrerebbe di dover svuotare il mare con il cucchiaino: troppo alto il rischio di dimenticare qualcosa, qualcuno.
Se mi metto d’impegno, credo che la lotta per salire sul gradino più alto del podio si restringerebbe a un duetto, ma scelgo “Il nome della Rosa” di Umberto Eco, che ho acquistato ad una bancarella dell’isola d’Elba, mentre in vacanza dopo la maturità scientifica. L’ho letto d’un fiato, ne sono rimasto affascinato e ho deciso allora di voler leggere più libri che potevo. Non mi sono ancora fermato. Tra l’altro, c’è una bella frase di Umberto Eco, che non credo sia tratta da “Il nome della Rosa” ma che ho appuntato su un diario giovanile e ricordo a memoria: “Ci sono due modi per essere liberi: essere ricchi o essere eruditi”. Preferisco la seconda.
A pari merito con “Il nome della Rosa” metto un altro testo che ha costituito nella mia vita una sorta di spartiacque, nel caso specifico tra la giovinezza e l’età adulta (a patto che l’abbia mai raggiunta). Si tratta de “I miserabili” di Victor Hugo, un capolavoro immenso, ricco, intrigante, che mai finisce di sorprendermi.Terzo, neppure troppo distanziato, “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, un’altra pietra miliare nella mia formazione.
Ecco dunque il podio, pur se proprio appiccicati ci sono tanti, tantissimi altri. I libri di Silone, ad esempio. O i siciliani tutti: in testa Sciascia, Verga, Pirandello. E i sardi: la Deledda e pure Niffoi. E Fenoglio, Primo Levi. E i francesi, con Maupassant su tutti, se si fa eccezione per Hugo, ma non tutti gli Hugo, solo quello de “I miserabili”.
E tra i non letti? I russi, tutti i russi, che neppure mi ispirano, tranne Solzenycin e il suo “Arcipelago Gulag”, che è tra i testi desiderati e mai presi in mano. Non mi scaldano per niente i russi, poco, pochissimo inglesi e tedeschi, meglio i mediterranei. Ma chi interessa tutto questo? Al sottoscritto, che ne ha approfittato per un poco di ordine mentale, che con i tempi che corrono (o camminano) non è azione disprezzabile del tutto.

2 commenti:

Lieve ha detto...

Stilare classifiche di libri è sempre sembrata un'impresa ardua anche a me. E poi mi rendo conto che i miei libri preferiti cambiano di giorno in giorno, anche a seconda del mio stato d'animo e che in qualche modo sono affezionata a tutti quelli che ho letto. Perchè belli o brutti, qualcosa mi hanno lasciato...

Giorgio ha detto...

Condivido. I gusti cambiano di giorno in giorno e in qualche modo sono affezionato a tutti quelli che ho letto.
Il fatto è che per me il libro è una sorta di coperta di Linus: me li porto ovunque e mai tenuti chiusi in un sacchetto. I libri devono respirare, devono essere visti, mostrati, ostentati quasi...