venerdì 22 giugno 2012

Ore grame (e non solo per la Grecia)

Foto by Leonora
Oggi va così, che mi sono alzato con la mosca al naso e avverto prurito per i tromboni, per la retorica, per i luoghi comuni ancor più di quanto già accada in una normale giornata. Più di tutto, ho in uggia la trasposizione nella vita di una semplice partita, quella tra Germania e Grecia, agli Europei di calcio, stasera. Non che la sfida non mi intrighi, tutt'altro. Anzi, anch'io quando ho scoperto l'incrocio beffardo previsto dal calendario ho subito pensato che ci sarebbe stato in palio qualcosa in più di un semplice passaggio di turno. Poi però questa tiritera del forte contro il debole, del prepotente teutonico versus il simpaticissimo e sfortunato grecide, della logora e consunta trasposizione del piccolo Davide contro il gigante Golia è diventata oltre che ossessionante pure assurda. Nonosante ciò ero intenzionato a far finta di nulla, girando bellamente pagina ad ogni avvistamento di Pigi Battista o, peggio ancora, di quei cialtroni di giornalisti sportivi che pensano di essere dei nuovi Gianni Brera mentre sfornano semplicemente frasi fatte a macchinetta. Se mi riduco a scriverne anch'io è perché ieri m'è capitata bella, con uno dei miei cronisti preferiti, Massimo Gramellini, che ha inzuppato il biscotto anch'egli nel significato simbolico della gara.
E no, caro Massimo, in questo ha ragione il tuo amico Giorgio Gandola, quando in quattro e quattr'otto, l'altro giorno, tornando proprio da Torino e uscendo proprio dal tuo ufficio, dopo un'ora di chiacchierata che mi aveva visto spettatore unico e privilegiato di una rimpatriata, mi ha smontato tutto il pathos, convertendomi a un'unica ragione: "Viva la Germania". E sì, perché i tedeschi saranno pure flessibili quanto un palo di ghisa e si portano sulle spalle il fardello di autogol nella storia ben peggiori di quelli su un prato verde, in scarpette con i tacchetti e divisa, però tutti i torti non ce li hanno. Se nella minuscola Kos ci sono tanti insegnanti scolastici quanti in metà della Vestfalia, se il metalmeccanico di Osnabrück deve fare gli straordinari per pagare i debiti delle decine di guardiapesca di Santorini, allora capirete che un po' le scatole gli girano.
Questi, lo so, sono ragionamenti terra terra, lontani mille miglia dalle complessità dell'economia e dalle curve morbide della politica, però lì voglio che restino le morbitezze della politica e le complessità dell'economia: lontane mille miglia. Ecco perché stasera, il mio cuore starà dalla parte della Grecia sul campo da calcio, ma nella vita - in questa vita - tutta la mia solidarietà va alla Germania. E non vale soltanto per l'Ellade ilustre, ma anche per buona parte della nostra Italia. Se un Comune di diecimila abitanti in Sicilia continuerà a contare centocinquanta dipendenti a fronte dei trenta che hanno i Comuni di pari dimensione sopra la cintola romana, se le migliaia di guardie forestali della regione Calabria non diventaranno un peso intollerabile per la nostra coscienza di popolo, oltre che della cassa pubblica, allora il disastro non sarà soltanto annunciato, ma pure inevitabile. E ora fatemi pensare in pace alla partita, senza implicazioni sociali. Più che Jesse Owens che vince i cento metri alle Olimpiadi di Berlino sono gli occhi di Hitler, qui è la partita di calcio di Mediterraneo, il film di Salvatores: di "una faccia, una razza" almeno per oggi ne ho piena l'anima.
P.S. L'ora trascorsa con Gramellini e Gandola, martedì, è stata una goduria: come stare seduto in prima fila a un privatissimo spettacolo teatrale sugli ultimi vent'anni di giornalismo, cronaca, costume, spettacolo, politica.

Nessun commento: