Foto by Leonora |
Non siamo tutti Charlie. Loro lo erano e sono morti per questo. Un martirio che è nostro dovere rispettare, evitando il fuoco di paglia delle reazioni isteriche e attuando un cambio di stile vero, riconoscendo il male ovvero ciò che sporca, divide, divora, scinde, macchia, soffoca, uccide. Ed evitandolo.
Alle analisi frettolose, ai giudizi lapidari, al desiderio di crociata e a quello di jihad, ("Non c'è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro", è una frase di Kurt Vonnegut, ringrazio Luca Corsolini per avermela ricordata) preferisco l'azione mite del fare memoria. Raccontare con onestà quanto avvenuto a Parigi e che ogni giorno accade in qualche parte del mondo, è una sorta di fotosintesi clorofilliana sociale, l'azione capace di trasformare qualsiasi anidride carbonica in ossigeno.
P.S. La penna non vince sulla spada quando si alza verso il cielo, bensì quando scrive, quando lascia sulla carta e nell'anima un segno, un tratto. Un articolo che esprime gli stessi concetti di questo post, meglio, è questo, di Fabio Chiusi, su Wired. E aggiungo pure l'editroriale sull'Eco di Giorgio Gandola, un giornalista che stimo, perché sa scegliere sempre le parole giuste, senza mai andare sopra le righe
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