venerdì 9 gennaio 2015

Onorina (a ciglio asciutto)

Foto by Leonora
La telefonata è arrivata inaspettata, perché se è vero che da un anno era costretta su una carrozzina e aveva perso lucidità, non c'erano aggravamenti che indicassero un peggiormento estremo.
Onorina Bongiolatti in Bardaglio, vedova dello zio Lino e ultima di una stirpe coriacea quanto antica, è morta ieri, in casa di sua figlia Luisella e di suo genero Basco, in quel Berbenno di Valtellina dove era nata e infine è tornata, per l'ultimo tratto di cammino.
L'ultima volta che l'ho vista, qualche settimana prima di Natale, non mi aveva riconosciuto, conservando tuttavia quel modo di osservarmi di sguincio, con occhi furbi, come colei che sta soppensando chi ha di fronte, comunicandogli nel contempo che chi sta guardando non è affatto stupido. Uno sguardo di attacco e difesa insieme, che le ho visto fare mille volte, specialmente quando ero piccolo e mio padre tornava ogni giorno nella casa di famiglia per prendere il bottiglione di latte appena munto e lasciato su un tavolo appena fuori dalla stalla e lei, la zia Onorina, mia prozia per la verità, se ne sbucava fuori di soppiatto, tirando fuori dalle tasche del suo grembiule azzurro con fiorellini bianchi un uovo, ancora caldo. Me lo dava dicendo "apri le mani" e osservandomi con quegli occhi d'arguzia, come se in quello scambio vi fosse un'intesa, un patto.
Amava gli animali, la zia Onorina, pur se non esitava a tirar loro il collo, quando giungeva il momento. Nata a metà degli anni Venti e cresciuta nel gramo, apparteneva a quella generazione in cui la necessità faceva premio sul sentimento. Il suo pollaio è sempre stato una meraviglia, così come le gabbie dove teneva i conigli o il porcile dove, fino a non molti anni fa, ingrassava il maiale, per non parlare dell'orto e della piante da frutto, che grazie alle sue cure erano rigogliose e d'una generosità senza confronto.
Per quanto mi riguarda la ricorderò sempre con quel suo grembiule azzurro punteggiato di fiorellini bianchi, seduta sotto il salice piangente, all'angolo della corte, mentre tiene in grembo un gatto. Da ieri Onorina è tornata lì, tra le persone che ha amato o comunque del suo mondo, com'è giusto che sia. Ed è così che la saluterò, domani - il giorno del settimo anniversario della morte di mio padre - al suo funerale, in Valtellina, senza sceneggiate, a ciglio asciutto, come avrebbe voluto.
P.S. La foto che vedete non è di Onorina, ma il gatto poteva essere suo.

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