La notte del giorno in cui sei nata una tempesta ha divelto centinaia di piante, alcune spezzandole di netto, altre addirittura sradicandole, pur se pochi o nessuno ne conserveranno memoria.
Sarà un dettaglio ormai, ad anni di distanza, quando i tuoi occhi ciechi di neonata si saranno schiusi al mondo, limpidi e profondi - ne sono certo - quali quelli di tua mamma.
Ti hanno chiamato Vittoria e lo sei per noi, prima della nuova stirpe, continuatrice di una tradizione antica e, grazie a te, sempre nuova.
Altro non ho da aggiungere, oltre a dirti che davvero sei stata tanto attesa e voluta, ma ti vorremmo ugualmente bene se fossi semplicemente capitata, che figli e figlie sono doni pure quando hanno forma di progetto di vita.
P.S. Devi sapere anche questo, che siamo cerchi, anelli di catena, ciascuno perfetto in sé eppure parte di una linea infinita.
Impressa nella tua carne è l’impronta di una schiera infinita, un filamento di molecole della stessa sostanza delle stelle, il vero e unico miracolo rinnovato della natura.
Perciò ogni volta che ti guarderò vedrò in te decine di volti e centinaia di storie che ti hanno preceduta.
E mi perdoneranno i molti che ometto di citare in prima persona se pongo due donne in cima alla lista: le tue bisnonne in linea paterna. Avevano nome simile - Adele, Adelrosa - e destini diversi, una portata via assai giovane, passati da poco i cinquant’anni, l’altra pochi mesi fa, sull'uscio dei novanta. È a loro che mentalmente ti affido, pur se Michela e Matteo saranno bravissimi a crescerti. Intanto ti hanno chiamato Vittoria ed è giusto così, per ricordarci che sarai sempre una gioia, mai una sconfitta, e che dopo ogni notte di tempesta c'è un'alba, con il sole che spunta.
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