giovedì 20 gennaio 2011

Passerà


'Ia fa. Ce la fa. Ancora. Sono pronto a scommetterlo. Ha un bel dire il mio amico Mauro che questa volta no, non la sfanga, che ha visto le carte, che il codice parla chiaro, che ormai è spacciato: me lo aveva detto anche tre mesi fa e un anno addietro, sempre la stessa storia, sempre il medesimo epilogo. Berlusconi non giungerà al capolinea per un'azione dei giudici, essendo di fatto in vigore ciò che il lodo Alfano nella forma non è riuscito a promulgare: l'impunità del leader, il riconoscergli uno status e dunque, più di un diritto, un privilegio. Nella rigida divisione dei poteri teorizzata da Montesquieu, è possibile che quello esecutivo prenda il sopravvento (si chiama dittatura) oppure che prevalga sugli altri quello legislativo (capita in quelli che la vulgata corrente definisce "ribaltoni" ma anche in momenti in cui - ed è questo il nostro caso - non viene a mancare il consenso della maggioranza del popolo e il parlamento garantisce la fiducia al premier). Non ricordo invece un'occasione in cui siano stati i magistrati ad avere il sopravvento. Anche Tangentopoli, che un occhio distratto potrebbe catalogare in questa ipotesi, fu dovuta più alla latitanza della politica, all'implosione di quella classe amministrativa, che all'azione dei giudici. Bastò infatti che nuovi leader (Bossi e lo stesso Berlusconi) comparissero all'orizzonte, per archiviare in un quasi nulla di fatto il terremoto. Ecco perché dico: 'ia fa, ce la fa. Non saranno le truppe cammellate (le SS, da Signorini alla Santanché, in ordine sparso) a salvarlo, bensì il vasto gregge che lo riconosce leader e ch'è acritico nei confronti di tutto ciò che può fare, semplicemente perché non lo ha mai ritenuto un santo, bensì uno capace, uno che sa il fatto da suo. Ciò che per mezzo paese è vergogna, ignominia, scandalo, biasimo, per il restante mezzo è trascurabile vizio, se non addirittura fonte di ammirazione, indice di merito. Finché non si romperà questo equilibrio Berlusconi troverà sempre coloro che lo sorreggono e poco importa che saranno proprio loro i primi ad abbandonarlo, quando si accorgeranno che il vento è cambiato: licaoni e iene sono di regola i primi a fiutare l'odore del morto. Per ora però resta politicamente vivo e vegeto e gli giova anche il deserto totale, il più completo sbaraglio in cui si trova il campo avversario.

E io, dove sto? Campo. Cerco di difendermi, chiudendomi a riccio, non riconoscendomi in nessuno e cercando con tutte le mie forze di resistere, di non diventare come loro, di imparare a farne a meno, di ragionare con la mia testa e non per partito preso. Nel canglore di tamburi, gran casse e cannoni, cerco di distinguere i suoni più tenui, quelli che assomigliano più al convivio tra amici attorno a un tavolo e meno ai talk show in televisione. Mi sento molto Lucio Dalla nel suo "Anno che verrà" e che presto passerà e che io mi sto preparando ed è questa la novità.


Foto by Leonora

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