Ho la fortuna che gli anni intaccano la superficie, non l'essenza di ciò che sono, anche se poi restituiscono di me un'immagine che a volte non riconosco allo specchio. A ben pensarci, è una vita che mi preparo a diventare "bene" vecchio, non di quelli che si ostinano ad apparire ragazzini, né di coloro che rimangono perfetti fino a un dato tempo, per poi affrontare il tracollo. Scendo o salgo, dipende dai punti di vista, un gradino al giorno. E mi consolo leggendo l'età di persone famose, che hanno i miei stessi anni e sembrano mio padre o mio nonno. Semmai, riconosco al trascorrere degli anni l'avermi portato in dono una consapevolezza, una serenità e moltissime abilità che quando ero giovane nemmeno mi sognavo. Vale per l'esecuzione di lavori materiali, quali smontare e rimontare il tagliaerba o l'appendere un gancio al muro, ma anche per la scrittura, ch'è il mio lavoro e forse anche talento. Uso questa parola con prudenza, intuendone la grandezza senza sapere se per me s'addice davvero. Non so se questa è la mia "inclinazione naturale". Se così fosse, mi sarei distinto fin da subito, mentre all'inizio ero un somaro. Un ciucco, anzi, nella doppia valenza, perché il mio era un periodare d'asino e insieme d'ubriaco. Credo che il seme, la scintilla creativa esistesse già, ma da ragazzo era seppellita da una montagna di pigrizia e ignoranza. In ogni caso, non era evidenza dirompente, quella somma di capacità naturali e di apprendimento che distinguono l'onesto e diligente operaio dal genio. Prendiamo l'ultima edizione del festival di Sanremo. Dei cantanti non saprei, poiché mi mancano gli elementi per un giudizio (colui che ha vinto la sezione giovani, Raphael Gualazzi, potrebbe appartenere alla categoria dei fuoriclasse, visto che è autore di testi e musica e ha mietuto un consenso unanime, come solitamente si riconosce appunto ai fuoriclasse: qualcosa di simile, ricordo, accadde per la Pausini, anni fa). Il marchio del genio invece è cristallino in Roberto Benigni, che sa fare cose che non riescono a nessun altro al mondo. Poi può non piacere (viva la voce che stecca nel coro!) ma è difficile non riconoscergli una straordinaria abilità, unica al mondo, come l'aveva Charlie Chaplin o Diego Armando Maradona, nel calcio. Da dove derivi questa unicità, come si sia sviluppato il dono ricevuto, mi ha sempre affascinato. Lo stupore dell'asino di fronte all'eleganza e bellezza del cavallo purosangue arabo.
Foto by Leonora
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