"La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota".
William Shakespeare
“È una questione di fortuna”. Lo hai detto così, come s’appoggia la vanga in un angolo dell’orto o si ripone il mestolo nel lavandino, senza quasi pensarci, senza darvi troppo peso.
Una constatazione quasi ovvia, scontata, senza pretese di insegnamento, con la spontaneità delle certezze che si hanno, che si sentono.
Sei la persona che stima se stessa di meno e quella che ammiro di più, che considero fondamento del buono che ho combinato, spessore e sostanza delle famiglie a cui abbiamo dato continuità, anelli di catena che si intrecciano man mano.
La domanda che ti ho fatto riguardava proprio questo, la famiglia, i figli.
Da cosa dipende se sono “bravi” o meno? Come mai alcuni crescono sereni e se la cavano senza problema ed altri inciampano, s’affannano, restando impigliati in reti e in lacci che soltanto all’ultimo, quando ormai è tardi, vediamo? Perché a noi, per il momento, all’apparenza, finora è andata bene ed altri, non tanto distanti, non così diversi da noi sembra vada peggio, con pene e preoccupazioni e patimenti che schianterebbero un mulo?
“È una questione di fortuna”. Hai ragione tu.
“È una questione di fortuna” perché la fortuna - la disposizione naturale, le circostanze, le compagnie che si incontrano… - conta altrettanto, se non più dell’impegno, dell’intelligenza, del merito.
Riconoscerlo, esserne consapevoli, è fondamentale per osservare la realtà nella giusta luce ed evitare di restare schiacciati dalla responsabilità quando le cose vanno male o non girano per il verso giusto.
Noi contribuiamo al destino nostro e delle persone a cui teniamo, ma quello stesso destino non dipende da noi, dalla nostra bravura, dalla nostra volontà.
Mettiamoci il cuore in pace. Riconosciamolo.
P.S. Di “merito”, complice la nuova denominazione del ministero della pubblica amministrazione, si parla e si scrive parecchio in questi giorni, non sempre a sproposito, tendenzialmente però schierandosi, come sempre, com’è facile, o di qua o di là, giusto o sbagliato, bianco o nero.
Da parte mia, resto convinto che il merito sia cosa buona e giusta, a patto di non considerarlo l’unico criterio discriminante, il solo santo, un totem a cui inchinarci o, peggio, una clava da brandire.
Per chi vuole approfondire davvero l’argomento consiglio “La tirannia del merito” di Michael J. Sandell.
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