(Henry Miller)
I lacrimoni sulle guance, al momento dell'abbraccio, si sono asciugati presto. Almeno così mi piace pensare: che appena superata la porta a vetri dell'aeroporto il dispiacere per il distacco abbia lasciato spazio al desiderio del viaggio e all'apprensione per le ultime pratiche, prima dell'imbarco.
Tre mesi. Probabilmente meno.
Un tempo che ti sei ritagliata con piglio, per viaggiare in lungo e in largo, oltre oceano, “a zonzo", come direbbero i superficiali e i sarcastici.
In verità l'obiettivo - concordato - è assai più alto e consiste nel coltivare la libertà e mettersi alla ricerca del bello, del vero, del buono. Non dell'utile. O meglio, l'utile non per filo diretto, per calcolo, bensì come conseguenza, a specchio, esattamente come chi cerca di creare valore e di sponda ottiene denaro.
"Se non ora, quando?".
Me lo sono ripetuto spesso, per te, che a ventidue anni hai l’occasione giusta per farlo. Lo penso pure adesso, anche se la lontananza non è affatto simile al vento, semmai è una pietra sul petto, un risucchio allo stomaco, una sensazione di perenne nostalgia, placata soltanto dal bene che ti voglio e dalla gioia nel sapere che spieghi le ali, che diventi grande coltivando curiosità, interessi, passioni, entusiasmo.
P.S. Ciò che di più profondo vorrei esprimerti, le parole non dicono. Gli sguardi, forse. Gli abbracci. Il salutarsi o congedarsi stringendosi forte, stretto stretto. Anche così però so che tutto il sentimento che provo non trova descrizione, confine, forma, recinto, alfabeto. Tu sai tutto questo, poiché lo senti a tua volta. Il resto conta, ma zero.
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