sabato 8 ottobre 2022

La propria parte (Femmine e maschi)

“Il maschilismo è una malattia che attacca gli uomini, ma è trasmessa dalle donne.”
(Shirin Ebadi)

Sei tu che me ne parli spesso, sei tu che mi spingi a pensare, a non dare nulla per scontato, a interrogarmi su tutto.
Sei tu vera filosofa, se filosofia è ciò che racconta Umberto Eco: “Prendere tutte le cose sul serio e farsi domande, cercare risposte”.
Ieri, a un continente di distanza, mi hai chiesto a bruciapelo: “Papà, sto vedendo le interviste che hai fatto. Secondo te, perché quando chiedi ai tuoi ospiti di presentarsi, le donne spesso dicono: ‘Sono una mamma’ o ‘Sono moglie’, mentre quasi gli uomini parlano del loro lavoro, di ciò che fanno, delle qualifiche professionali o di riconoscimento sociale che hanno?”.
Non lo so. Sono stato onesto con te. Abbiamo innanzi tutto pochi esempi per farne un caso (bisognerebbe ascoltare molte più interviste), anche se il sospetto è che nel presentarsi si scelga ciò che tradizionalmente, storicamente, pensiamo ci definisca. E in un passato che è tuttora presente, pur se non più rigidamente strutturato, le sfere di competenza sono divise e distinte, con la sfera delle professioni che appartiene al maschio e quella famigliare che attiene più alla femmina.
È giusto? È sbagliato? Io direi che per ora è così, punto. Il resto è partenza di una riflessione, di un cammino, di un cambiamento possibile in entrambi i campi, con i ruoli sociali non eliminati, ma nemmeno appannaggio di questa o quella metà della luna.

P.S. Sulla parità di genere, aggiungo qui come appunto due pensieri ascoltati nei giorni scorsi.
Uno è di Paolo ed evidenzia come esista una parte maschile e una femminile, in ciascuno di noi: riconoscerle e dare a entrambe valore è importante per superare la netta divisione a cui siamo abituati.
L'altro è di Nunzia e sottolinea come troppe donne emergono nella società, negli affari, nella politica, non in virtù della loro sensibilità, bensì mostrando i muscoli, adottando gli stessi comportamenti del maschio (spesso lo si sottolinea pure, come elogio: “Quella donna ha gli attributi”), abdicando perciò alla loro specificità, diversità, unicità, a favore di un'omologazione sessista e muscolare.

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