"Le persone violente nei libri, di solito sono molto tranquille nella vita privata perché la scrittura è liberatoria. Non bisogna fidarsi di chi appare dolce nella scrittura"
(Michel Houellebecq)
Ho scritto molto ieri, sarò sintetico oggi. Prendendo a pretesto un articolo letto di buon ora, sul Corriere della Sera, che rende conto dell'incontro di ieri al Salone del Libro di Torino, con Michel Houellebecq intervistato a Marco Missiroli.
La frase che mi ha colpito è qui sopra, letta al contrario e guardando a me stesso. Cioè: se io appaio "dolce" dal modo in cui scrivo, non bisogna fidarsi di me?
Può darsi. Anzi, è certo.
La scrittura infatti, oltre ad essere liberatoria, è filtro.
Qui, ad esempio, in questo blog, di me appare il lato migliore, quello più pacato, riflessivo.
Non che non sia io, tuttavia nella vita reale sono "questo", insieme a molto altro, compresi i numerosi difetti che - per fortuna - mi caratterizzano, cioè formano il mio carattere, completo, quello che somiglia a un carciofo: il cuore si svela soltanto se si tolgono gli strati esterni, le foglie, le brattee.
P.S. Che poi a me il carciofo piace poco o nulla. E se me lo ritrovo nel piatto quando sono ospite, faccio buon viso a cattiva sorte e lo mangio, mentre se la casa è la mia vado su tutte le furie e, per quella che in fondo è una sciocchezza, faccio il diavolo a quattro, m'indigno, a volte persino sbraito o metto il muso.
Ha ragione Houellebecq: non bisogna fidarsi di chi appare dolce nella scrittura.
P.P.S. Che bello è il fiore del carciofo? Grazie a Lyonora e alla sua foto, per avermelo svelato.
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