(Thomas Jefferson)
Parto al contrario, proponendo qualcosa che negli anni recenti ho sempre mantenuto: dedicando ottobre a questo spazio, rinnovando il proposito di un post al giorno.
Al tempo stesso, provo a cambiare spartito, inaugurando un modo nuovo, riportando sempre una frase che ho letto o ascoltato da qualche parte o sottolineato in un libro, e aggiungendovi sotto un pensiero.
P.S. La novità scompensa sempre, destabilizza, disorienta persino.
Ho avuto colleghi e amici che l'aborrivano, anch'io però la subisco, l'accetto, piuttosto che auspicarla, favorirla o cavalcarla appena compare all'orizzonte o mentre si fa spazio già al di qua dell'uscio.
A volte, quasi sempre, sono così pigro che piuttosto che fare qualcosa che non ho mai fatto, preferisco rinunciare a qualcosa che non ho mai avuto.
A contare allora non è la capacità di fare un salto, di cimentarsi, di sperimentare, bensì la molla che spinge a farlo, cioè l'aspirazione, l'ambizione e tutti quei sentimenti che si declinano con un desiderio.
In altre parole, il verbo che conta, nella frase di Jefferson, è il primo: vuoi, volere.
Se manca quello, il resto possiamo anche cancellarlo, considerarlo inutile, mai scritto.
Cosa voglio allora? Cosa desidero io, di ambizioso, in questo tempo?
La prima cosa che mi viene in mente è: un obiettivo, una missione, uno scopo. Vorrei lasciare un'impronta, utilizzare pienamente l'esperienza accumulata, mettere a frutto i talenti che ho ricevuto in dono, qualsiasi essi siano.
Se questo è l'auspicio, so anche cos'è che mi manca, cosa non ho mai a sufficienza avuto: disciplina, determinazione, spirito di sacrificio.
Buono a sapersi. Almeno come inizio.
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