sabato 19 ottobre 2019

Sono giornalista, dunque Scavo (Onore a Nello)


Del mio mestiere parlo poco: lo faccio e non sento il bisogno di ostentarlo o di usarlo come pretesto ricamandoci sopra, filosofeggiando.
Oggi mi concedo un'eccezione, soltanto per rendere omaggio a un collega che stimo e che sta pagando a caro prezzo le notizie scovate, gli articoli che ha pubblicato.
Ho conosciuto Nello Scavo quindici anni fa, quando ero in televisione, a Como e lui aveva scelto la città affacciata al lago come dimora, pur lavorando a Milano, già allora ad Avvenire.
D'istinto ne avevo apprezzato la serietà, testimoniata fin dallo sguardo, da quell'espressione del volto, mi verrebbe da scrivere "tragica", amara, tipica di molti suoi conterranei, anche quando sorridono, abbinata a una raffinitezza culturale, a una preparazione, a una meticolosità che ne fanno il tratto distintivo e la ragione prima per cui li ammiro (uso il plurale poiché Nello non è il solo di quell'idealtipo, che comprende un ampio spettro, che va da Pierangelo Buttafuoco a Claudio Fava a Gianni Riotta fino a un altro siciliano "adottato" comasco, Dario Campione).
In un tempo in cui il giornalismo viene posto sulla graticola e ci si interroga su quale sia il futuro, Nello insieme a molti altri indica una strada, facendo altresì da argine a quanti - compreso qualche illustre collega - imputano di cialtroneria e pressapochismo e trombonaggine l'intera categoria, considerando tutta l'erba un fascio.
Onore dunque a lui e a quanti come lui considerano il proprio mestiere un sacerdozio e non cedono di un metro e testimoniano nei fatti, oltre che con le parole, l'utilità del giornalismo, di chi si pone domande e cerca risposte, senza protervia ma coltivando sempre il dubbio.

P.S. L'inchiesta che ha portato alle minacce e conseguentemente sotto tutela Nello Scavo riguarda il traffico di migranti, ma un suo pallino riguarda Papa Francesco, per "smontare" molte delle accuse che gli rivolgono. Su questo tema lo avevo intervistato, un paio d'anni fa, a Bergamo, definendolo già allora un "cronista scomodo" (che scomodo poi è l'aggettivo che ad ogni cronista degno di tal nome dovrebbe essere abbinato).

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