sabato 31 ottobre 2020

Perdere l'amaro (Come per le olive l'acqua)


Sono arrivato alla fine, era stata una promessa, l'ho mantenuta. Un mese insieme, passo passo, una postilla al giorno, come l'anno scorso sempre a ottobre, anche se rispetto a dodici mesi fa m'è pesato meno. Allora ero giunto con il fiato corto, con l'intenzione di abdicare per parecchio alla scrittura, mentre oggi non sento la necessità di scomparire del tutto, di lasciare a maggese questo lembo di terra. È un "punto e a capo" insomma, poiché tra i molti limiti di questi appunti di viaggio c'è il merito di costringermi a trovare ogni volta uno spunto, un appiglio, osservando meglio la realtà, ciò che mi accade e circonda, per cavarne il buono, per comprenderla e insieme raccontarla.
Oggi, per dire, ho raccolto le olive dall'albero che sovrasta l'entrata di casa. Una pianta che ha una sua storia: abbandonata quand'era ancora in vaso sul palco di un comizio a metà degli anni Novanta, presa in custodia e affidatami da una persona burbera e saggia, messa a dimora nella prima abitazione di famiglia e poi spostata a fatica, poiché nel frattempo era cresciuta, con l'ultimo trasloco.
Da allora fa bella mostra di sé e in anni particolari - come questo - produce una messe di olive che è una meraviglia. 
Se ne parlo è per un dettaglio che mi ha dato da pensare, nel momento in cui i due secchi stracolmi di frutti sono stati riempiti fino all'orlo d'acqua, perché è così, lasciandole a mollo tre settimane o un mese, che le olive "perdono l'amaro".
Perdere l'amaro. Servirebbe anche a noi, specie in questi tempi di bile accentuata, di nervosismo a fior di pelle, di rabbia a fatica contenuta, a causa degli imprevisti della pandemia, che si aggiungono agli inciampi che già di per sé la vita dispensa.
Per gli esseri umani lasciare in ammollo non serve a nulla, se non forse ai reumatismi e all'artrite cronica, tuttavia esistono persone che sono come per le olive l'acqua: aiutano a far "perdere l'amaro", la negatività, il rancore, la durezza, la stizza, con l'esempio e insieme la parola.
Qualche esempio.
  • Comprendendo le ragioni degli altri, "camminando nei loro mocassini per almeno due lune", come insegna la saggezza dei nativi d'America.
  • Considerando gli errori reciproci come involontari, fatti causando dolo ma senza intenzione alcuna, concedendo per principio l'attenuante della buona fede.
  • Perdonando se stessi, le proprie mancanze, le debolezze, le meschinità enormi o spicciole.
  • Riconoscendo che esiste sempre un'occasione di riscatto, la possibilità di svoltare, di imboccare la strada giusta.
  • Apprezzando e concedendo valore a ciò che si ha, invidiando meno quanto si presume manca.
  • Vivendo appieno la compagnia, le relazioni umane, il contatto con la natura.
  • Prendendosela per poco o nulla, consapevoli che per giganti possano sembrarci i nostri impegni, i problemi, gli affanni, sono pur sempre una minuzia, meno di un battito d'ali di farfalla al cospetto dell'universo e dei miliardi di anni preceduti alla nostra entrata in scena.
Un elenco che non prevede fine, potrebbe consistere in una lista infinita, stilata su misura.
Mi fermo qui. All'ambizione della completezza preferisco chi mi indica il percorso, segna una via. Anche questo è buon modo per "perdere l'amaro": sapersi accontentare, non pretendere che ogni cosa sia perfetta, aggiustata, finita.

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